La rabbia è tanta: chi decide sulle vite dei lavoratori/lavoratrici e dei degenti negli ospedali lodigiani, sono gli stessi che difendono ogni giorno con le loro azioni il disastro della sanità pubblica che rappresenta una calamità che è sotto gli occhi di tutti. Chi non vuole vedere questa banale evidenza è semplicemente un pusillanime.
Quando ci sono individui che non accettano di abbassare la testa, dopo aver combattuto per una sanità pubblica umana e solidale, non può che scaturire la nostra incondizionata solidarietà nei loro confronti.
Sapere da che parte stare in un mondo dove il virus dell’autoritarismo produce un contagio alla servitù ed al servilismo vuol dire lottare per la libertà e per la fine di qualunque dominio maligno.
Proprio per questo, il nostro pensiero vola a chi si è ribellato quel giorno, in quel particolare frangente, negli ultimi tre anni, negli ospedali e fuori dagli ospedali, senza fare delazioni e senza chiedere scusa. Perché la liberazione da questa situazione paradossale passa anche dal desiderio di battersi per il ribaltamento di una conduzione dispotica e clientelaristica della sanità lodigiana.
Non saranno certo le affabulazioni ed i messaggi subliminali a fermare le ribellioni contro questo vergognoso mondo della sanità pubblica lodigiana e chi ha collaborato a instaurare questo ordine autocratico non è certo una trascendenza, ma qualcuno che esiste, di terribilmente reale.
Che lo spirito della lotta per affermare i valori umani e democratici continui nelle più svariate forme, per farla finita con la indolente caduta del sistema sanitario pubblico che oggi stiamo vivendo sulle nostre spalle e contro la nostra salute.
Chi si rivolta non è mai solo non può essere solo uno slogan, ma ciò che può scardinare l’esistente perché come diceva una vecchia canzone , la ribellione è l’unica dignità dello schiavo.