I soldi pubblici spesi irresponsabilmente

I soldi pubblici incassati dalle maggiori istituzioni private di propaganda liberale

di Gilberto Trombetta

L’Università Bocconi nel 2023 ha percepito 9.920.391 euro di finanziamenti pubblici¹. Il Foglio ne ha ricevuti 61.542.346 euro tra il 1997 e il 2021². Fondazione Luigi Einaudi 522.300 euro nel 2022³, mentre l’Istituto Bruno Leoni 52.267?

Cioè (4 tra) le maggiori istituzioni private di propaganda liberale campano (anche/soprattutto) coi soldi pubblici.

Quindi coi soldi nostri visto che siamo nel regime unionista dell’euro e non possiamo neanche pagarli spendendo a deficit.

Però quando servirebbero soldi pubblici per le fabbriche dove lavoriamo, per riprendersi e manutenere un monopolio naturale come le autostrade o un settore strategico come l’industria siderurgica o la rete di telecomunicazioni, per le scuole e le università pubbliche dove abbiamo studiato, per gli ospedali in cui ci curiamo, allora no, quella sarebbe spesa pubblica brutta e improduttiva e non devono quindi essere salvati.

E infatti dall’ingresso nell’Unione Europea del 1992 al 2022 abbiamo fatto 908,5 miliardi di tagli alla spesa pubblica. Però per quelli che da decenni invocano il contatto con la durezza del vivere per i lavoratori italiani, guarda caso, i soldi pubblici ci sono. Sempre.

Perché loro sono fatti così: la mano invisibile del mercato la vogliono solo per noi, mentre a loro piace la mano ben visibile dello Stato. Applicano la Costituzione per loro e i trattati europei per noi. Mentre hanno la faccia di bronzo di predicare da decenni l’esatto contrario. Sarebbe anche ora di ristabilire un minimo di senso della normalità. Sarebbe quindi ora che chi ha sempre sostenuto e sostiene le magiche virtù del libero mercato e del meno Stato, venisse immediatamente privato di qualsiasi sostegno derivante dalla spesa pubblica. E sarebbe invece ora di tornare ad applicare la Costituzione per il resto dei lavoratori. Quelli cioè che negli ultimi 30 anni sono stati davvero messi a contatto con la durezza del vivere.

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