Cappuccetto Rosso – Nonnina, che orecchie grandi che hai!
C’era una volta una bimbetta che ricevette in regalo dalla sua nonna un grazioso cappuccetto rosso. E poiché la bimba lo indossava ogni giorno ben presto la chiamarono solo Cappuccetto Rosso. Un giorno la nonna si ammalò. Cappuccetto Rosso volle andare a trovarla e così mise in un cestino del vino e una torta per la nonnina malata. Per arrivare dalla nonna, la bimbetta doveva andare nel bosco buio. La mamma preoccupata, nel congedarsi dalla figlia, l’avvertì: “Resta sempre sul sentiero.”
Nel bosco Cappuccetto Rosso incontrò il lupo e gli raccontò innocentemente dove stava andando. Il lupo domandò alla fanciulla dove vivesse la sua nonna e disse astutamente: “Perché non porti alla tua nonnina anche qualche fiorellino che cresce qui nel bosco?” Cappuccetto Rosso annuì e abbandonò il sentiero per raccogliere un mazzolino di fiori. Nel frattempo il lupo corse a casa della nonna vi entrò e mangiò la vecchina. Poi indossò la sua camicia da notte, si mise la cuffia in testa e si coricò nel suo letto.
Ben presto cappuccetto Rosso arrivò a casa della nonna con il mazzolino di fiori, il vino e la torta e si meravigliò di trovare la porta aperta. La fanciulla entrò in casa si avvicinò al letto ed esclamò con stupore: “Nonnina ma che orecchie grandi che hai!”, “È per ascoltarti meglio bambina mia” biascicò il lupo. “Nonnina, ma che occhi grandi che hai!” – “Ma per vederti meglio bambina mia.” “Nonnina, ma che bocca grande che hai!” – “Ma è per mangiarti meglio bambina mia!” urlò il lupo, che saltò fuori dal letto e divorò la piccola. Poi si rimise a letto e iniziò a russare.
Poco dopo passò di lì un cacciatore che si stupì nell’udire un russare così rumoroso provenire dalla casa della nonna. Guardò dentro e scoprì il lupo nel letto dell’anziana signora. Il cacciatore tagliò la pancia dell’animale. Dentro vide brillare il cappuccetto rosso, e poco dopo anche la bambina saltò fuori illesa, come pure la nonna. Il cacciatore riempì la pancia del lupo con delle pietre, e quando l’animale fece per alzarsi, cadde e morì.
Selezioni di struttura complessa per le professioni infermieristiche e tecniche
La procedura di selezione di cui si tratta è quella per il conferimento dell’incarico di Direttore di struttura complessa sanitaria, con tale termine intendendosi, in teoria, quella afferente alla dirigenza medica, veterinaria e odontoiatrica, nonché alla dirigenza sanitaria non medica (biologi, chimici, fisici, farmacisti, psicologi). Un primo aspetto particolarmente ciclico riguarda le professioni sanitarie che con l’art. 6 della legge 251/2000 hanno acquisito il profilo dirigenziale e che, pertanto, sono anche esse interessate al conferimento della direzione di strutture complesse. Tuttavia, per quest’ultima fattispecie, non potrebbe essere utilizzata la procedura rivisitata dalla legge Balduzzi. Infatti l’art. 4 dcl D.P.R. 484/1987 — che è espressamente ritenuto in vigore dalle linee guida della Conferenza delle Regioni del 28 febbraio 2013 — prevede che “gli incarichi … possono essere conferiti esclusivamente nelle discipline stabilite con decreto del Ministero della Sanità”, e come è noto, le discipline riguardano esclusivamente i profili richiamati sopra. Inoltre, a supporto della tesi dell’esclusione, va segnalato che nell’elenco nazionale costituito e aggiornato dal Ministero della Salute non sono ricompresi questi dirigenti, con la evidente conseguenza che le eventuali commissioni non si potrebbero sorteggiare ovvero, utilizzando altre modalità, si formerebbero in modo illegittimo o, comunque, non conforme alle disposizioni legislative. In tal senso alcune regioni hanno ritenuto di poter ricorrere agli elenchi provvisori formati dai nominativi della regione stessa integrali con quelli delle regioni limitrofe. La procedura per il conferimento di strutture complesse ai dirigenti infermieristici o tecnico-sanitari (per intenderci: il SITRA in Lombardia o la DPS in Emilia-Romagna) è disciplinata dagli artt. 28 e 29 del CCNL dell’8.6.2000 dell’Area III, cioè quella della dirigenza SPTA (ma, in questo caso, solo per la PTA). Quando infatti sono state istituite queste nuove figure dirigenziali è stato stabilito che il trattamento normo-economico fosse quello della dirigenza amministrativa, decisione apparentemente illogica ma del tutto coerente con il pericolo dell’estensione surrettizia ai nuovi dirigenza dell’ indennità di esclusività. Di tale circostanza taluna Regione fa cenno nelle proprie direttive: ad esempio, il Friuli-Venezia Giulia lo dichiara esplicitamente nelle sue linee guida optando per la procedura prescritta per i dirigenti amministrativi (art. 2, comma 4 della delibera di GR n. 513 del 28 marzo 2013). La Lombardia, al contrario, da anni bandisce avvisi pubblici ex legge Balduzzi con evidenti disallineamenti: la procedura è quella della legge 189/2012 ma i requisiti specifici richiesti sono quelli fissati dal CCNL del 2000, cioè “anzianità di servizio effettivo di almeno cinque anni prestato in Enti del Servizio Sanitario Nazionale nella qualifica unica di Dirigente delle Professioni Sanitarie”. Tale previsione è in palese contrasto allorquando viene fatto esplicito richiamo all’art. 10 del D.P.R. 484/1997. Inoltre, a volte la durata dell‘incarico è triennale, anche in questo caso in contrasto con la legge. Senza contare, come già accennato, la questione della formazione della commissione utilizzando un elenco provvisorio (che potrebbe senz’altro contenere solo nominativi della Regione stessa).
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