Progressioni fra aree professionali “in deroga”: una possibilità per pochi
In queste torride settimane le amministrazioni stanno predisponendo i regolamenti (spesso complicati e astrusi) per permettere le progressioni tra aree in applicazione dell’art.13 del CCNL 2019-2021.
Questo articolo della norma consente infatti di “tenere conto dell’esperienza e delle professionalità maturate ed effettivamente utilizzate dall’amministrazione di appartenenza”. Si tratta delle cosiddette “progressioni in deroga”, da attuare entro il 31 dicembre 2025. Le amministrazioni possono finanziare queste progressioni anche con lo stanziamento dello 0,55 del monte salari 2018 (quindi a carico del bilancio, non del fondo).
Le progressioni in deroga possono coinvolgere anche lavoratori anche privi del titolo di studio necessario, ma con un adeguata anzianità (tabella C CCNL 2018/2021): si tratterà comunque di selezioni con criteri specificati da regolamenti redatti sulla base dall’art. 13 comma 7.
Questi criteri sono oggetto di “confronto”, per cui i sindacati sono chiamati ad esprimersi.
Mentre Cgil, Cisl e Uil presentano questa novità come una grande opportunità di avanzamento di carriera per tutti per tutti, noi sappiamo che non è così.
Infatti l’orientamento applicativo dell’ARAN sul CCNL Funzioni Centrali, applicabile anche in questo contesto, specifica che “questo ordinamento professionale garantisce una maggiore flessibilità organizzativa, agevola la mobilità interna ed esterna, offre strumenti di gestione del personale meglio plasmabili sull’organizzazione del lavoro e/o sulle aspettative dei lavoratori che, non essendo collocati in un profilo professionale specifico, possono aspirare a ricoprire altre posizioni di lavoro nell’ambito della medesima area di inquadramento.”
Questa norma rappresenta un goffo e maldestro tentativo di porre rimedio alle disuguaglianze derivanti dal il fallimentare sistema del “merito”, sempre sostenute da Cgil, Cisl e Uil (si consideri la firma degli ultimi contratti), che poi a fasi alterne cadono dal pero.
Le amministrazioni tenderanno ad applicare le regole in modo discrezionale, per colmare alcune posizioni scoperte, per favorire qualcuno in particolare, per far progredire lavoratori sui quali intendono investire.
È prevedibile che saranno avvantaggiati dipendenti in generale più giovani, ma (pluri)laureati, con master/dottorati. Questo penalizza chi ha molta anzianità, ma non il titolo di studio.
Pochissimi saranno soddisfatti, perché faranno un balzo in avanti. Ma molti altri saranno convinti giustamente di aver subito un torto.
Ci si deve impegnare al massimo affinché sia minimizzato il margine di discrezionalità nei criteri, ma sottolinea ancora una volta come il sistema di valutazione e della performance basata sul falso concetto di “merito” produca profonde fratture ed ingiustizie, per le quali non esistono rimedi posticci.
Infine, si tratta di una norma nuovissime ed è presumibile che ci saranno interpretazioni, ricorsi sentenze con il rischio di non permettere le progressioni nemmeno a quei pochi.