Joe Biden e la Badante

Di Edoardo Laudisi

Il pregiudizio americano più stupido, e per questo anche quello più duro a morire, vede nell’italiano un servitore compiacente molto più adatto ai lavori manuali o di servizio alla persona che a quelli intellettuali o di responsabilità, i quali rimangono diritto esclusivo dei Wasp + eventuali quote identitarie. Se metti l’italiano ai fornelli hai un Carnacina assicurato, se lo metti in salotto ti canta come Caruso, se lo metti a servire in sala lavora bene, costa poco e balla pure la tarantella. Se poi hai in casa un malato di Alzheimer e vuoi evitare che combini dei casini, niente di meglio che una vera badante italiana, no italoamericana ma proprio made in Italy.

Al vertice dei G7 di Hiroshima del maggio scorso, uno dei problemi dell’amministrazione americana era di vigilare su Joe Biden, afflitto da un complesso di malattie neurodegenerative devastanti, però con tatto e senza dare troppo nell’occhio. Qui ci vorrebbe una badante in incognito, pare abbia detto qualcuno dell’entourage presidenziale et voilà l’italiana Giorgia che, senza pretendere compenso alcuno, diversamente da un premier francese o tedesco o perfino greco che, come minimo, avrebbero chiesto uno sconto sul gas liquido, offrì la sua manina servizievole per condurre lo spaesato sleepy Joe attraverso le grandi sale del palazzone giapponese evitando che si perdesse o, peggio, scambiasse uno sgabuzzino per la toilette.

La scena si è ripetuta, questa volta senza manina, durante l’incontro di giovedì scorso alla Casa Bianca. Qui Biden, vestito in un completo blu elettrico alla Berlusconi Junior, che su sleepy Joe pareva un pigiama sanitario, e un cravattone a tovagliolo da cerimonia nuziale coatta, ha tirato fuori un bigliettino probabilmente vuoto e ha iniziato a biasciare parole a caso mentre la badante Giorgia lo osservava amorevolmente dalla sua poltrona, pronta ad intervenire nel caso scappasse la grossa. Quando poi è stato il suo turno di parlare, Giorgia ha esibito un broken english dall’incredibile accento slavo,forse per omaggiare le eroiche badanti ucraine alle quali stava rubando il lavoro.

La presidente badante italiana che parla inglese con marcato accento dell’est esprime la totale sottomissione di un paese che sta spremendo i suoi cittadini con aumenti vertiginosi dei prezzi dei beni di prima necessità e tariffe energetiche fuori dal mondo, che di fatto sono una tassa occulta per sostenere la guerra contro la Russia. Una sottomissione spontanea, gratuita, priva di contropartita. Se dobbiamo vendere quel briciolo di sovranità che ci resta almeno facciamoci pagare. Invece no, come ogni opportunista transitato da Palazzo Chigi prima di lei, Meloni regala pezzi di paese come se fosse roba sua, per ottenere l’investitura dall’imperatore e assicurarsi il potere. La farsa diventa grottesca quando l’amico Joe accenna all’accordo della via della seta, una scelta sovrana del nostro paese per garantirsi sbocchi commerciali e finanziari alternativi, che dovrebbe essere rinnovato a breve. Meloni si era già genuflessa anticipando di non gradire l’accordo e assicurando che “in tempi difficili sappiamo chi sono i nostri amici”, senza che ce lo debbano ricordare con qualche bomba affettuosa come accaduto in passato, aggiungiamo. Lo zio americano, con gesto bonario, ha assicurato ai giornalisti che sarà l’Italia a decidere. Epperò la scenetta ha fatto venire in mente quella avvenuta con il cancelliere Scholz nel febbraio del 2022, quando davanti ai giornalisti compiacenti Biden chiosò che se la Russia avesse attaccato l’Ucraina, Nord Stream sarebbe saltato. Boom. Ma naturalmente sarebbe stata la Germania a decidere, precisò Joe in quella occasione.

La giornata americana di Giorgia Meloni si è poi conclusa con la visita al congresso Usa dove pare abbia salutato i senatori citando la famosa lettera al Savonarola di Troisi e Benigni in “Non ci resta che piangere”: Vi salutiamo con la nostra faccia sotto i vostri piedi, senza chiedervi nemmeno di stare fermi, potete muovervi quanto vi pare e piace e noi zitti sotto. Viva l’Italia.

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