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Smistare i post-Covid nelle Rsa: l’incarico finito sotto accusa alla fedelissima del dg del Trivulzio Calicchio Donatella Vasaturo, esperta di Rsa, infermiera e poi manager, nominata dirigente per rendere operativa al più presto la Centrale di smistamento dei malati che dagli ospedali vengono trasferiti nelle residenze sanitarie per anziani

 

Gianluca Di Feo

20 APRILE 2020

PUBBLICATO PIÙ DI UN ANNO FA

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Lentissimi nel proteggere dal virus pazienti e personale; rapidissimi nel fare le nomine e ingaggiare una nuova dirigente. Che – guarda caso – è molto legata al direttore generale Giuseppe Calicchio. Al Pio Albergo quella “inerzia” nell’adottare misure contro l’epidemia – messa nero su bianco dagli ispettori ministeriali – scompare quando bisogna assegnare poltrone manageriali. La scellerata delibera della Regione che l’8 marzo dirotta i malati contagiosi dagli ospedali alle Rsa – aprendo al Covid 19 le porte dei padiglioni con le persone più fragili – affida alla Baggina la regia dei trasferimenti: diventa la Centrale di smistamento per l’intera Lombardia. E solo allora spunta la velocità decisionale richiesta dall’emergenza, quella che – stando alle testimonianze di medici e infermieri – invece ha latitato nel distribuire mascherine e mettere al sicuro i ricoverati.

In meno di 48 ore al Trivulzio nominano un dirigente per “rendere operativa al più presto la Centrale di dismissione” e la scelta va su Donatella Vasaturo. Una veterana con 40 anni di esperienza, infermiera e poi manager, che si occupa di residenze per anziani da quando aveva 18 anni. Sorprende però leggerne il curriculum: degli 11 lavori scientifici elencati, ben 5 sono stati firmati assieme a Giuseppe Calicchio. Sì, proprio il direttore generale della Baggina, adesso indagato per epidemia e omicidio colposo: è lui che ingaggia la sua cofirmataria, affidandole la sala comando del trasloco dei pazienti. Fino a tutto il 2018, Calicchio e Vasaturo hanno lavorato a stretto contatto a Bergamo, dove erano direttori socio-sanitari di due distinte strutture pubbliche: tante riunioni insieme, ma anche convegni, conferenze e quelle pubblicazioni comuni sul trattamento dei degenti.

Adesso sia le indagini dei pm che l’ispezione del ministero si stanno concentrando sull’operazione che ha mandato le vittime del Covid 19 nelle case di cura. Una decisione che è stata portata avanti senza controlli: i casi di coronavirus sono stati affidati a 15 strutture private lombarde senza verificare se fossero realmente in grado di isolarli. Di sicuro, la sorveglianza spettava alle Ats. Ma la Baggina, forte della sua autonomia, avrebbe potuto comunque imporre misure decise. Anche se un documento firmato da Calicchio sostiene che la gestione è stata condotta assieme alla task force della Regione. Siamo già entrati nella Fase 2: dall’emergenza siamo passati allo scaricabarile.

https://milano.repubblica.it/cronaca/2020/04/20/news/coronavirus_lombardia_trivulzio_rsa_calicchio-300899628/

 

MILANO – Il governo invia una squadra di ispettori al Pio Albergo Trivulzio. Il ministro della Salute Roberto Speranza e il suo vice Pierpaolo Sileri hanno deciso di approfondire la situazione di emergenza nel polo geriatrico più importante del Paese, sulla cui condotta la procura di Milano ha già aperto un’inchiesta con l’ipotesi di diffusione colposa di epidemie e omicidio colposo. Il sospetto sul quale anche Roma, ora, vuole vederci chiaro riguarda l’ipotesi che alla “Baggina”, come da sempre i milanesi chiamano la storica struttura cui tutta la città è affezionata, siano stati nascosti casi di Covid-19 mettendo a rischio ospiti e operatori.

Nella struttura, compresa sia la Rsa sia la riabilitazione, sono morti solo a marzo, in piena emergenza coronavirus, 70 anziani. Ma gli ospiti qui continuano a morire: solo nella prima settimana di aprile se ne sono aggiunti altri 30, 26 nella casa di riposo e 4 temporaneamente nella struttura riabilitativa. Dove però i ricoveri sono stati bloccati a metà marzo, per via del rischio contagio, quindi i pazienti presenti sono “solo” 242 rispetto ai 350 di capienza normale.

Se si considera solo l’ospizio, dunque, dall’inizio dell’anno a ieri in tutto il complesso (via Trivulzio, Merate e Principessa Jolanda) sono mancati 147 ospiti, 44 in più rispetto ai 103 del 2019. L’obitorio del Pat è una stanza di sofferenza piena di lenzuoli bianchi arrotolati, sdraiati uno accanto all’altro. Altre sale sono state adibite a ricovero provvisorio di bare. Ognuna con un foglio di carta sopra, un nome, una storia. Nessuno, qui, ha fatto il tampone: che siano vittime del virus è, però, per la maggioranza quasi una certezza.

Il direttore generale del Pat, Giuseppe Calicchio, in una mail ha chiesto “con estrema urgenza” alla sua prima linea di avere un “dettaglio puntuale” sul numero di salme “ancora da porre in cassa” e “per ciascuna data di decesso”. Nella stessa comunicazione, il dg ha stabilito che sia la dottoressa Vasaturo “a occuparsi della camera mortuaria”, sostituendo il signor Riganti che d’ora in poi dovrà riferire a lei. E il bilancio dei morti, purtroppo, rischia di essere ancora più ampio: i numeri non tengono conto degli anziani che in queste settimane sono stati mandati a casa o ricoverati, e che solo in un secondo momento sono stati trovati positivi e, in molti casi, deceduti.

“Le ispezioni stanno partendo – dice Sileri – gli inviati del ministero chiederanno informazioni dettagliate e verificheranno tutti gli atti, avvalendosi anche dell’aiuto dei Nas”. Come per altre Rsa, si dovrà dunque accertare se alla Baggina, come sostengono fonti sindacali, “gli ospiti morivano e si diceva che erano solo bronchiti”, se davvero “si è voluta tenere sotto silenzio la grave situazione delle strutture”. E se – come dice il professor Luigi Bergamaschini, al Pat vietavano le mascherine e quando lui le autorizza viene esonerato”.

Oggi il Pat accoglie 1.012 fra ospiti e pazienti e conta, di solito, su 1.600 persone tra medici, infermieri, assistenti sociali nelle tre residenze per anziani e nei due centri d’assistenza. A marzo, però, sono stati 250 i lavoratori non operativi sul campo, alcuni in telelavoro, la maggior parte in malattia. Contagiati con ogni probabilità sul posto di lavoro e con sintomi da Covid-19 anche – un tema sul quale anche la stessa procura milanese sta indagando – per via delle (presunte) tardive disposizioni all’uso dei dispositivi di protezione.

La ministra delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, definisce le morti al Pio Albergo Trivulzio “una stretta al cuore”. E aggiunge: “Nelle case di riposo c’è la memoria di questo Paese. E dopo questa stretta al cuore avvertiamo il bisogno di chiarezza: serve una commissione d’inchiesta, come ha chiesto Renzi”. Il suo collega agli Affari regionali, Francesco Boccia, chiede invece “alle Regioni di comunicare tempestivamente alla Protezione civile, attraverso il monitoraggio delle Ats, quali siano le Rsa in condizioni di maggior criticità”. Anche Leu, con Nicola Fratoianni, in un’interrogazione chiede “tutte le necessarie attività ispettive per fare chiarezza e individuare eventuali responsabilità sui decessi”.

A gennaio 2019 Calicchio è stato promosso dalla Regione alla guida dello storico istituto milanese, in sostituzione di Claudio Sileo. E lo scorso agosto Vasaturo ha cercato di seguirlo, ma si è classificata terza alle selezioni per due posti da dirigenti. Un ricongiungimento rinviato di poco: il 10 marzo per definire la nomina d’urgenza, il Trivulzio usa quella graduatoria già pronta che la rende vincitrice. Ricomponendo la coppia di studio e professione. Per Vasaturo è un gran ritorno. Aveva cominciato come giovanissima infermiera proprio al Pat nel 1980, venendo poi promossa dirigente negli anni d’oro di Mario Chiesa. L’inizio di una lunga carriera nella sanità lombarda, consacrata con l’arrivo nella sala operativa che doveva spostare i malati dagli ospedali alle Rsa.

https://www.repubblica.it/cronaca/2020/04/06/news/lo_scandalo_al_pio_albergo_trivulzio-253332595/

 

 

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