LA CATTIVERIA, I CATTIVI SONO SOLO PERSONE POVERE DENTRO….CONDANNATI ALL’INFELICITÀ
La cattiveria è qualcosa che tutti conoscono, ma sulla quale forse non si riflette abbastanza. La cattiveria è arroganza, presunzione, è frustrazione, insoddisfazione, ma più di ogni altra cosa è infelicità, la cattiveria ha delle cause scatenanti che possono essere: gelosia,invidia,arroganza,
nasce da sentimenti negativi come la solitudine, la tristezza e la rabbia, è una caratteristica che purtroppo sta diventando sempre più diffusa nella nostra società dove tante persone sono presuntuose e maleducate. Viene da un vuoto dentro un insoddisfazione.
L’arroganza è il senso di superiorità nei confronti del prossimo, che si manifesta con un costante disdegno, quindi arrogante è colui che sovverte l’ordine naturale del dare e del ricevere.
Mi sono chiesta che cosa è la cattiveria e come un individuo possa essere crudele o cattivo, e quanto spesso capita di essere “cattivi”, duri, intolleranti, acidi. Si pensa spesse volte che la “cattiveria” o la durezza possono avere diverse origini. In molti casi nasce dall’egoismo, dall’arroganza, dall’avidità, dalla voglia di prevaricare o dal desiderio di perseguire fini personali, a volte anche dalla superficialità di certi atteggiamenti.
L’uomo nasce dotato di strumenti ‘innati’ in cui sono racchiusi cattiveria vera e propria, che si ingrandisce e si sviluppa durante la crescita sotto lo stimolo dell’ambiente, della famiglia e del gruppo in cui vive ( perché non è amato e non ama, neanche se stesso: dunque soffre e fa soffrire. Non amando se stesso, non riesce ad amare nessun altro e non è riamato).
La cattiveria, nasce dentro le persone come la bontà, ma spesso si dimentica. Chi esprime cattiveria ha bisogno di esserlo per sentirsi gratificato, quindi le azioni cattive hanno lo scopo di soddisfare l’Io della persona. Lo sguardo e la mente sono sempre attenti e vigili, chi e cattivo usa un intera vita a cercare di distruggere il prossimo, calpestando ogni valore, qualsiasi morale persino la propria dignità .La cattiveria fa paura, perchè isola dal mondo, fa portare dentro un sentimento d’odio profondo, capace di far perdere lucidità non fa vedere, non fa sentire, non fa capire , prima di tutto fa male se stessi. La cattiveria è pericolosa, a volte si colora di diverse sfumature, una di queste è l’invidia e la gelosia, capaci di manipolare ogni nostro pensiero.
L’invidia può avere radici molto profonde nella personalità di un soggetto. Può essere stata causata da una mancanza di affetto in passato, da un’eccessiva competitività o da dei desideri che sono stati frustrati. Essendo le cause così rilevanti, spesso è difficile per un soggetto riuscire a risolvere il proprio problema.
Alla base dell’invidia c’è, generalmente, la disistima e l’incapacità di vedere le cose e gli altri prescindendo da sé stessi: in questo senso, si può affermare che l’invidioso è generalmente frustrato, ossessivo, manipolatore, con pochi scrupoli e talvolta ipocrita.
L’invidioso assume spesso atteggiamenti e comportamenti ben precisi e, quindi, riconoscibili. Tra i più tipici comportamenti dell’invidioso c’è il disprezzo dell’oggetto invidiato (“questa cosa, che io non ho, non vorrei comunque averla perché non mi piace”); una celebre e proverbiale rappresentazione di questo atteggiamento è la favola di Esopo La volpe e l’uva.
L’invidioso può rivolgere la propria invidia non solo verso oggetti materiali, ma anche verso presunte doti possedute dall’invidiato: per esempio, una particolare avvenenza, intelligenza o capacità, uno spiccato fascino; in tali casi, l’invidioso reagisce tentando di disprezzare o di sminuire l’invidiato, perché ai suoi occhi questo è colpevole di evidenziare ciò che l’invidioso non ha. In un certo senso, è come se si sentisse sminuito dall’esistenza dell’invidiato e, in qualche modo, danneggiato da questo.
L’invidia può provocare uno stato di profonda prostrazione: in taluni casi, l’invidioso può assumere comportamenti molto aggressivi, e il tentativo di sminuire l’invidiato può raggiungere toni esasperati, arrivando ad umiliare in pubblico l’invidiato di turno umiliandosi esso stesso pur di raggiungere lo scopo, ovvero il pubblico disprezzo e la pubblica derisione, come a dire: “io sto male per colpa tua, perché tu metti in luce la mia inferiorità; allora devo assolutamente evidenziare le tue mancanze, i tuoi difetti, facendoti sentire ridicolo: farò in modo che anche tu soffra”. In altri casi l’invidioso può maturare in sé un diritto alla rivalsa che subdolamente lo portano a mettere in atto comportamenti mirati a minare direttamente la disponibilità dell’oggetto d’invidia all’invidiato ovvero tendono a indurre disagio e sofferenza nell’invidiato proprio in quanto possessore dell’oggetto d’invidia. Se, tuttavia, il progetto dell’invidioso fallisce, egli si sentirà sempre più debole e ridicolo, ovvero precipiterà in manie di varia natura, anche gravi.
L’invidia viene talvolta confusa con l’avidità, ovvero il desiderio di possedere beni materiali (a prescindere che questi appartengano o meno ad altri). Soprattutto in campo sentimentale, l’invidia spesso viene anche descritta come gelosia, sebbene quest’ultima sia generalmente intesa come ostilità nei confronti di chi potrebbe sottrarre al geloso qualcosa che questi già possiede.
In varie culture, l’invidia è associata al colore verde (“essere verdi di invidia”). Secondo alcuni ciò è riferito al colore della bile, la cui secrezione in molte tradizioni è correlata al sentimento in questione. Secondo altri deriva dal fatto che, essendo l’invidia contrapposta alla virtù della speranza in quanto desiderio del male altrui, abbia il suo stesso colore. Un’altra possibile origine potrebbe essere la definizione data da Shakespeare nell’Otello, dove l’invidia viene descritta come un mostro dagli occhi verdi.
La gelosia,ci sono due tipi di gelosia, la prima spesso si caratterizza come desiderio ambivalente: di possedere ciò che gli altri possiedono, oppure che gli altri perdano quello che possiedono. L’enfasi,quindi, è sul confronto della propria situazione con quella delle persone invidiate, e non sul valore dell’oggetto posseduto da tali persone.
La seconda e la gelosia amorosa, si manifesta principalmente con dolore, ansia, angoscia, causati dal vissuto emotivo di aver perduto la persona amata, da sentimenti ostili verso il rivale, da un atteggiamento autocritico volto ad attribuire a sé stessi la responsabilità della perdita affettiva.
La gelosia proiettata proviene, per entrambi i sessi, dai tradimenti già esperiti nel corso della vita affettiva o da spinte inconsce verso il tradimento (vedi proverbio: Chi la pensa, la fa). Nei rapporti di coppia bisogna resistere a continue tentazioni per evitare di tradire. Colui che avverte in sé 1’esistenza di queste tentazioni attuerà un meccanismo inconscio per alleviare il proprio disagio: proietterà sull’altro le proprie tendenze al tradimento. Al riguardo Freud cita Desdemona quale esempio di gelosia proiettata:
la gelosia delirante è determinata da tendenze al tradimento che sono state rimosse ma gli oggetti di queste fantasie sono dello stesso sesso del soggetto che le pone in essere. Per Freud la gelosia delirante corrisponde ad una forma di omosessualità latente che preme per manifestarsi. Come tentativo di difesa contro un impulso omosessuale troppo forte essa può essere descritta mediante la formula: “Non sono io che lo amo è Lei che lo ama”. E’ come se oggetto della gelosia diventasse l’altro, il rivale o la rivale.
Da questo breve escursus si può affermare che gelosia e dipendenza affettiva sono le due facce di una stessa medaglia. Se è presente l’una è molto probabile che sia presente anche l’altra.