La spettacolarizzazione del nulla.
Era inevitabile, siamo pieni di notizie riguardanti la kermesse.
Non amo il trash, ma capisco che ci siano milioni di persone che si appassionano ad eventi che li fanno sentire più italiani del solito, che si tratti di qualche fiction o altro evento mediatico.
E cosi si viene a sapere del viziato di turno, che sfoga le sue frustrazioni prendendosela con i fiori, uno dei simboli della kermesse; poi c’è la presentatrice caruccia, modello dell’individualismo come eccellenza che si interessa della questione femminile e dei diritti; oppure il compagno, che mostra il passato indecente di un parlamentare postfascista e post nazista.
Ok, ben vengano queste occasioni, con milioni di persone attaccate allo schermo, anche fuori dall’Italia, per dire qualcosa di sensato od evidenziare problematiche.
Il punto è un altro, e riguarda la questione extramusicale.
Il fatto che vi siano personaggi ambigui e benestanti (da Benigni ai sopracitati), che vengono pagati oltre il dovuto per darci lezioncine di morale pubblica, o si ergono a paladini del politically incorrect, è qualcosa di inquietante.
Chi vive sopra ad un piedistallo non conosce minimamente la questione sociale, la rimuove o non gli interessa.
Parlano di diritti civili, trascurando un dato fondamentale, e cioè: senza condizioni materiali di uguaglianza il riconoscimento di libertà o l’allargamento dei diritti viene meno.
E’ un po’ come la faccenda della meritocrazia: se non si rimuovono le differenze sociali di partenza di cosa parliamo?
E’ bello sfoggiare la propria diversità, l’orientamento sessuale o l’appartenenza ad altra cultura, ma in quest’ambito si viene accettati proprio perché si appartiene al sistema (il mondo dello spettacolo ma anche gli sportivi del lusso).
Essere donna, migrante, omosessuale, trans…ed essere riconosciuti come tali diventa più difficile quando ogni giorno si lotta per un salario ed una vita dignitosa.
La questione sociale quindi è inseparabile e viene prima di quella riguardante i diritti civili.
E cosa dire della riproduzione sociale? Un conto è lottare per l’emancipazione, altro è avere una visione liberale e ghettizzante.
Dovremmo ricordarlo ai tanti sinistrati che tifando per questa realtà non si rendono conto che tutto ciò fa parte del marketing. Hanno dimenticato il rapporto fondamentale tra struttura e sovrastruttura, e con esso il conflitto di classe.
Accennando invece alla questione musicale, al di là dei gusti vorrei sottolineare alcuni aspetti. Innanzitutto, è sbagliato pretendere da un festival del genere qualcosa di alto e culturale, e proprio per questo motivo va ridimensionato.
A Sanremo prima o poi ci vanno (quasi) tutti e i motivi sono diversi. C’è chi non conosce altra vetrina, essendone un prodotto tipico (nati e mercificati lì); ci sta chi giustamente vuol farsi pubblicità, ci sono i dimenticati e, soprattutto, i tanti musicisti che, a causa della tecnologia, non riescono più a vivere facendo musica.
Infatti, l’avvento di Internet, oltre ad aver dato un colpo epocale al mondo del lavoro, ha inciso particolarmente sulla fruizione dei contenuti culturali.
E’ la smaterializzazione musicale ( i dischi che non si vendono), ma che riguarda anche altri settori come il cinema ad esempio.
Quindi, torniamo con i piedi per terra, e ricordiamoci che stiamo parlando di persone che vivono in un’altra realtà, quella che viene osannata dai media, per la quale si può mostrare interesse e passione, ma dalla quale non bisogna farsi abbindolare.