I FRANCESI SCIOPERANO E NOI ITALIANI POLTRIAMO da IL MANIFESTO e IL FATTO
La protesta francese: «Siamo 2 milioni e mezzo»
RIFORMA DELLE PENSIONI. Quarta giornata di manifestazioni in tutta la Francia contro la riforma delle pensioni. Una giornata cruciale per la protesta: per la prima volta di sabato, per permettere di partecipare anche […]
Anna Maria Merlo, PARIGI 12/02/2023
Quarta giornata di manifestazioni in tutta la Francia contro la riforma delle pensioni. Una giornata cruciale per la protesta: per la prima volta di sabato, per permettere di partecipare anche a chi ha difficoltà a perdere una giornata di lavoro. Forte l’adesione, più densa di quella di martedì scorso (malgrado in due terzi del paese ci siano le vacanze d’inverno a scuola), molto importante nelle città di provincia. 2,5 milioni per la Cgt, 963mila persone per il ministero degli Interni. A Parigi, la Cgt ha contato 500mila persone, la Prefettura 93mila. La partecipazione si conferma nella durata, anche se non esplode, ma il movimento di rigetto si prepara a diventare più determinato. Nell’opinione pubblica, i sondaggi rilevano che i due terzi dei francesi restano contrari alla riforma, una percentuale che non cala.
Il seguito è già programmato: nuova giornata di manifestazioni giovedì 16, poi per il 7 marzo i sindacati intendono «bloccare» il paese, se il governo non accetta di trattare. Tra le due date, azioni di vario tipo, volantinaggi, fiaccolate e incontri di spiegazione. Ieri non erano previsti scioperi (per non intralciare le vacanze), ma a Orly, a sorpresa, i controllori di volo hanno sospeso il lavoro, 50% degli aerei sono rimasti a terra. Per il 7 sono già annunciati scioperi nei trasporti. Anche l’8 marzo sono previsti cortei e scioperi, centrati sulle conseguenze della riforma per le donne.
Intanto, il testo della riforma è discusso all’Assemblée nationale, ma solo fino al 17 febbraio, perché il governo ha optato per una legge di bilancio (della Sicurezza sociale) sulla base dell’articolo 47.1, che inquadra il dibattito in termini temporali. Dopo il 17 la legge passa all’esame del Senato, in tutto ci sono 50 giorni di dibattito parlamentare, che porta i tempi massimi al 23 marzo. Il dibattito all’Assemblée è stato caotico la settimana scorsa. La Nupes ha presentato 18mila emendamenti. Per il momento è stato approvato solo l’articolo 1, che sopprime i “regimi speciali”. L’articolo 7 – quello dell’aumento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni, il più contestato – potrebbe non venire mai discusso, per mancanza di tempo.
I sindacati non apprezzano questa tattica scelta dalla France Insoumise, che il governo accusa di “ostruzionismo”. Ieri, il segretario della Cfdt, Laurent Berger, ha affermato che «il parlamento deve essere altro che una fiera dove ci si insulta». Venerdì, c’è stato un incidente: un deputato della France Insoumise, Thomas Porte, è stato sospeso per 15 giorni dall’Assemblée nationale (con stipendio dimezzato) per aver pubblicato un tweet che mostrava una sua fotografia con il piede su un pallone dove era stata stampata la testa del ministro del Lavoro, Olivier Dussopt (è stato interpretato come una decapitazione, un’immagine particolarmente violenta, in Francia il 16 ottobre 2020 un insegnante, Samuel Paty, è stato decapitato da un jihadista).
I cortei chiedono al governo di ritirare la riforma. I sindacati di tornare a discutere i contenuti. «La palla è nel campo del governo» ha detto ieri il segretario della Cgt, Philippe Martinez. Il governo si barrica e accusa la Nupes di «bordellizzare» la Francia. Per l’ex candidato dei Verdi alle presidenziali, Yannick Jadot, è «il presidente» che «deve smettere di bloccare il paese». Tra governo da un lato e sindacati e manifestanti dall’altro non c’è neppure un’analisi condivisa: per l’uno la riforma è «necessaria» per non far crollare il sistema (la demografia è sfavorevole e la popolazione invecchia), per gli altri ci sono soldi per risolvere il problema (le grandi imprese, Total in testa, stanno accumulando utili-record).
I francesi scioperano e noi italiani poltriamo
MASSIMO FINI 7 FEBBRAIO 2023
Gli italiani hanno perso ogni vitalità. Sono stati superati non solo dai francesi ma addirittura dai parigini che, catafratti nella loro boria, sono simili a quegli aristocratici con una perenne scopa nel culo che per non perdere la loro dignitas e sgualcirsi la giacca, come nella canzone di Max Pezzali Sei uno sfigato, si immobilizzano e sembrano incapaci di qualsiasi slancio.
Nel 2018 in Francia c’è stato il movimento spontaneo dei Gilets jaunes che protestavano per l’aumento del costo della vita e il rincaro dei prezzi del carburante; in Italia, nonostante questi problemi siano gli stessi, non abbiamo mosso orecchia. L’allora ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, fu duramente cazziato per essere andato in Francia e aver aderito, almeno simbolicamente, a quel movimento. Adesso i francesi sono scesi in piazza, un milione e 200 mila in tutto il Paese, e 500 mila solo a Parigi, per protestare contro il progetto di Macron di aumentare l’età pensionabile da 62 a 64 anni, al grido di “la pensione prima dell’artrite”. Insomma la pensione quando sei già dre’ a murì. In Italia l’età della pensione è arrivata a 66 anni e sette mesi per gli uomini, meno le donne, odierne vere privilegiate, pur morendo dopo vanno in pensione prima. E la protesta dei sindacati si è limitata a qualche flatus voci.
Ma in Francia, come del resto anche in Italia, c’è un movimento carsico di giovani che reclama il “diritto all’ozio”. Cioè questi ragazzi si sono resi conto che è assurdo entrare nel tritacarne “produci, consuma, crepa” (Cccp) per finire a fare gli “schiavi salariati” (“Una società che ha postulato l’uguaglianza e ha bisogno di ‘schiavi salariati’, è una società che ha perso la testa”, Nietzsche). Un “diritto all’ozio”, o almeno a qualcosa che gli somigli, va dritto in senso contrario all’odierna società dello sviluppo e della crescita. Dice la Treccani, moderna Bibbia insieme a Wikipedia: “Astensione dall’attività, dalle occupazioni utili, per un periodo più o meno lungo o anche abitualmente, per indole pigra o indolente: stare in ozio, non far niente, trascorrere le ore nell’ozio, poltrire, languire nell’ozio, consumare la vita nell’ozio”. Insomma è il vecchio “ozio, il padre di tutti i vizi” (magari averne). Per i Latini ozio (otium) vuol dire vita contemplativa, dedicata alla riflessione in contrasto col negotium che è l’esistenza rivolta agli affari. Nel Medioevo europeo l’attività rivolta agli affari è spregevole tanto che il nobile perde questa qualifica se si dedica al negotium. E lo stesso vale nella cultura orientale cinese e giapponese, prima che fosse stravolta dal modello di sviluppo occidentale. Nell’antico Giappone il samurai non solo non può avere denaro ma nemmeno pensare in termini di denaro, il pensiero di Lao Tse (Il libro della norma) è per la “non azione”. In Europa, ma in seguito nell’universo mondo, il lavoro diventa un valore qualche decennio dopo l’arrivo del take off cioè della Rivoluzione industriale. E in Italia il primo maggio è la Festa del Lavoro, cioè della nostra schiavitù.
Il dilemma lavoro/ozio si lega al Tempo, il padrone inesorabile delle nostre vite. Ci sono tre Tempi. C’è il Tempo cosmico legato allo spazio sul quale si sono affannati filosofi e fisici, a cominciare da Einstein, senza cavare un ragno dal buco. Il fisico Carlo Rovelli ha dedicato tutta la sua vita al concetto di Tempo ma in uno dei suoi libri più recenti, L’ordine del Tempo, nell’ultimo capitolo ammette che non si può arrivare a una definizione esatta del Tempo. Ma a noi viandanti della Terra in fondo questa concezione quasi metafisica del Tempo interessa poco, vale solo come curiosità intellettuale. C’è il Tempo fisico quello che gradualmente degrada, smonta il nostro fisico, delude le nostre fuggevoli illusioni portando il tutto alla sua inevitabile conclusione. Infine c’è il Tempo psicologico che ha una natura diversa da quello fisico. Quanto tempo, quanti secoli, ci abbiamo messo per uscire dall’infanzia? La giovinezza che pur è statisticamente più lunga, diciamo dai venti ai sessanta anni, è andata via molto più velocemente. Nella vecchiaia è il disastro: gli anni volano (“ma come è già Natale, non era ieri?”), i giorni sono invece lunghissimi perché siamo meno impegnati. Prendiamo un mese di vacanza: la prima settimana si dipana lentamente, la seconda va in modo un po’ più veloce, la terza aumenta ancora la sua velocità, la quarta è appena cominciata che è già finita. Questo è il Tempo della vita dell’uomo. Un Tempo estremamente risicato, un fuggevole attimo nei confronti dell’infinito Tempo cosmico. Bisogna suggerlo nel modo più intenso possibile. Non si deve dilapidarlo come se fosse infinito, perché infinito non è. Una volta un intervistatore mi ha chiesto: “Qual è secondo lei il peccato capitale?” ho risposto: “Sprecare il proprio tempo”. Proprio quello che state facendo voi che mi leggete.