Solo bla, bla,bla di sindacati e partiti della sinistra

Come Apple o Amazon cancellano posti di lavoro con un sms, così il governo Meloni cancella con un sms, via INPS, il reddito di sopravvivenza di 169000 disoccupati e indigenti. Che diverranno più di 600000 a regime. Una misura tanto più odiosa e provocatoria se combinata con nuovi regali agli evasori fiscali, l’estensione della precarizzazione del lavoro, il rifiuto di ogni forma di salario minimo, e la corsa incontrollata dei prezzi alimentari.

La cosiddetta destra sociale si rivela per quello che è: una carta di ricambio delle politiche padronali, al servizio degli interessi d’impresa e di un incremento dei tassi di sfruttamento.
Il fatto che la cancellazione del reddito sia comunicata ad agosto non è casuale, come ha candidamente ammesso un esponente del governo (Lupi): a settembre avremmo rischiato maggiori turbolenze sociali, ha dichiarato. Come dire che un furto ad agosto si spera resti impunito.

Le opposizioni borghesi liberali gridano ora allo scandalo, come la burocrazia sindacale. Ma la cancellazione del reddito di cittadinanza è annunciata da un anno, gli sms di oggi sono solo la traduzione esecutiva della misura presa. Durante l’intero anno il governo ha potuto godere della più grande pace sociale d’Europa. PD e M5S sono unicamente occupati a sgomitare tra loro per strapparsi voti alle prossime elezioni europee. Il loro messaggio è rivolto alla borghesia: la destra rischia una bomba sociale, vi conviene cambiare cavallo. Mentre la burocrazia sindacale, Landini in primis, ha mulinato solo una valanga di chiacchiere e qualche parata simbolica d’apparato senza nessuna reale iniziativa di lotta. Se oggi Meloni può permettersi gli sms cancella-reddito è anche grazie alla latitanza dell’opposizione.

È ora di voltare pagina. Bisogna organizzare innanzitutto una risposta radicale alla cancellazione del reddito. Non domani, ma ora. Organizzare e mobilitare i soggetti colpiti è la prima necessità, con l’assedio delle prefetture di tutta Italia, a partire dal Meridione. La misura va semplicemente revocata, non rinviata, come propone il M5S. Si può imporre la revoca solo ponendo un tema di ordine pubblico, solo mostrando con la mobilitazione l’ingovernabilità della misura presa.
Tutti i sindacati  seri debbono unire la propria azione su questo terreno. La CGIL ha la responsabilità di dimostrare coi fatti la propria forza di massa per contrastare realmente il governo, che è cosa diversa dal rilasciare interviste.

Ma soprattutto va preparata una grande mobilitazione in autunno, che unisca i lavoratori, i precari, i disoccupati.
Landini ha annunciato una manifestazione in ottobre e, pare, uno sciopero generale a novembre. Altri sindacati, in concorrenza tra loro e con la CGIL, hanno preannunciato altre date di “propri” scioperi. Rischia di riproporsi il balletto ordinario della frammentazione delle forze, tra chi cerca di salvarsi l’anima con uno sciopero simbolico una tantum senza continuità e prospettiva (la burocrazia CGIL) e chi custodisce la propria rendita di posizione a sinistra della CGIL con qualche sciopero di calendario disertato dalla massa dei lavoratori.

Così non va. È necessario e urgente un grande fronte unico di lotta di tutte le organizzazioni del movimento dei lavoratori, grandi e piccole. È necessaria un’assemblea nazionale intercategoriale di delegati che vari una piattaforma di lotta unificante, per una grande vertenza generale contro governo e padronato. È necessaria una lotta vera, tanto radicale quanto lo sono governo e datori di lavoro. Lo sciopero generale dev’essere realmente tale, deve combinarsi con una svolta complessiva delle forme di lotta, deve darsi una continuità d’azione. Che è la condizione decisiva per strappare risultati, e ribaltare lo scenario politico.

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