Sullo sciopero della fame e la lotta non violenta: considerazioni

Gandhi distingueva tra la non violenza del debole ( che non ricorre alle armi per viltà) da quella del forte  (che potrebbe usarla, ma preferisce non farlo), considerando solo la seconda vera non violenza.

In estrema sintesi Gandhi sostiene la negazione assoluta di ogni forma di violenza: anche se sottoposti ai più terribili soprusi e più gravi ingiustizie. Mai e poi mai si deve ricorrere alla violenza verso il prossimo.
Gli strumenti della persuasione sono per Gandhi solo due la discussione e la lotta non violenta.

La discussione consiste nel battersi contro un’ingiustizia sociale e politica appellandosi alle autorità ingiuste e all’opinione pubblica.
La lotta non violenta subentra invece per affermare una verità negata dalle autorità ingiuste e dimostra la superiorità autorevole del “ribelle”, il suo essere dalla parte della verità negata dalle autorità ingiuste.

La non violenza è dunque un mezzo per trovare la verità ed è l’arma con la quale il non violento lotta.

E’ la capacità di soffrire senza offendere, senza imporre con la forza la propria volontà, senza infliggere sofferenza, senza distruggere o uccidere .

E’ violento l’uso della forza solo nella misura in cui reca un danno fisico o psichico ad un’altra persona.

Osservando un’ abbondante nevicata si possono notare i rami degli alberi che si spezzano mentre a resistere alle neve sono quelli dei salici che mano a mano che vengono appesantiti dalla neve si piegano e lasciano cadere a terra la neve in eccesso.

Questo è il cosiddetto principio della non resistenza, cioè il principio secondo il quale “il morbido vince il duro”.

Infatti, più si cerca di colpire forte, maggiore sarà la forza che si ritorcerà contro.

All’attacco subito  delle autorità ingiuste si deve opporre morbidezza e cedevolezza, in modo che l’autorità non si accorga di una difesa e trovi, davanti a sé, il vuoto.

Fuor di metafora… la lotta non violenta è molto conflittuale e per niente pacifica.

La lotta non violenta, come lo sciopero della fame, è pertanto una prospettiva di conflitto. Essa bandisce solo la violenza diretta sull’altro, ma utilizza un’enorme dose di violenza passiva, nella misura in cui costringe l’avversario ad usare la violenza per difendere la propria posizione, la propria volontà malvagia, il proprio status, le proprie idee, il proprio sistema di valori profondamente ingiusto, immorale,illiberale e disumano.

Questo sito costitisce l' unica fonte ufficiale ed ogni pubblicazione Confsal non può essere copiata e fatta propria da alcun partito politico ovvero forza sociale.